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Via degli Alfani


Via degli Alfani


Via degli Alfani, più spesso chiamata semplicemente via Alfani, è una strada del centro di Firenze che va da via Guelfa a via dei Pilastri, compresa fra via Cavour e Borgo Pinti. Vi si intersecano via della Pergola, via del Castellaccio, via dei Fibbiai, via dei Servi e via Ricasoli.

La strada prende il nome dalla famiglia di banchieri degli Alfani, che ebbero rapporti privilegiati con il clero e il papato. Gianni Alfani fu un poeta stilnovista. Essendo guelfi di parte bianca, come Dante Alighieri, vennero esiliati da Firenze all'inizio del Trecento ed in parte vi rientrarono in seguito. La famiglia si estinse nel 1694.

La strada anticamente non aveva lo stesso nome in tutta la sua lunghezza: da Borgo Pinti a via della Pergola si chiamava via di Cafaggiolo o di Cafaggio (Cafaggio era il nome della zona boscosa in questa parte della città in epoca altomedievale, destinata per lo più a terreno da pascolo), poi fino a via dei Fibbiai via del Leone, poi via Alfani o via degli Agnoli, o del Tiratoio degli Agnoli (degli Angeli), per la presenza di un tiratoio dell'Arte della Lana che aveva preso il nome dal vicino monastero di Santa Maria degli Angeli. L'ultimo tratto, prima che venisse tagliato in due dalla costruzione di via dei Servi (1255-1256) si chiamava via del Ciliegio.

L'unificazione sotto il nome di via degli Alfani fu definitivamente deliberata nell'agosto del 1862.

In via Alfani esistono numerosi "canti" storici, cioè incroci dai nomi legati a particolari della storia fiorentina. Per esempio il Canto di Montilloro, all'incrocio con Borgo Pinti, ricorda una delle potenze festeggianti, le compagnie laiche che nel tardo Rinascimento erano dedite all'organizzazione di feste e divertimenti. Qui si trova un grande tabernacolo trecentesco e una scultura lignea di San Sebastiano.

Il canto della Catena, all'incrocio con via della Pergola, deve il suo nome a uno stemma degli Alberti di Catenaria su una casa dell'Arte della Lana trasformata in palazzo da Bartolomeo Ammannati. L'angolo con via dei Servi è detto canto del Tribolo, denominazione di origine incerta, forse legata alla presenza in antico di piante spinose (della specie che ancora oggi si chiama Tribulus terrestris).

Nel tratto di strada verso via del Castellaccio si trovano condensati i principali monumenti della strada: dopo il muro cieco con pancale della Facoltà di Lettere e Filosofia sulla sinistra (venendo da Borgo Pinti) i resti dell'antico monastero di Santa Maria degli Angeli, con la facciata dell'antica chiesa oggi sconsacrata ed usata come aula dalla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Firenze. Da qui si può accedere anche ai chiostri monumentali del complesso: il chiostro Grande, dall'elegante architettura seicentesca, il chiostro dei Morti, con numerose lapidi funebri, e quello della Sagrestia, con un pregevole ciclo di lunette affrescate recentemente restaurato. Chiudeva il complesso camaldolese la Rotonda del Brunelleschi, oggi nelle forme date dal completamento negli anni trenta del XX secolo.

Sull'altro lato della strada si trova il notevole palazzo Giugni, dalle decorazioni scultoree vivide e fantasiose di Bartolomeo Ammannati. Accanto ad esso si trova il palazzo Guidi Raggio, che oggi ospita un convento ed ha un grande giardino sul retro. Al numero 78 si trova l'accesso al prestigioso Opificio delle Pietre Dure, che qui tiene sia il museo che alcuni laboratori di restauro.

Gli edifici con voce propria hanno i riferimenti bibliografici nella pagina specifica.

Al 34 la lapide dedicata a san Luigi Gonzaga, con il dipinto di Giovanni Battista Arrighi che, chiuso da una cornice circolare in pietra, lo ritrae mentre medita davanti al Crocifisso.

La traduzione è: "Guarda o viandante, l'immagine del beato Luigi Gonzaga della Compagnia di Gesù e bacia con animo riverente il luogo ove posarono i suoi piedi. Fanciullo di nove anni egli fece qui il noviziato della sua santità. E se la Corte e la nostra fiorentissima città lo ammirarono mentre offriva alla Vergine Annunziata il fiore purissimo della sua castità, questa casa, dove dimorò un così famoso ospite, si onora di averlo custodito in sì tenera età nella pratica della santa religione. E perché non perisca così grande onore di questa casa e della città, fu posto questo monumento regnando il Serenissimo Cosimo III granduca di Toscana, l'anno di grazia 1688."

Sopra il 56 rosso si trova un'altra lapide ormai illeggibile, ma nota da trascrizioni. Si riferisce a una delibera dei signori Otto contro chi arrecasse disturbo al vicino Spedale degli Innocenti; se ne trovava una copia nella "via della Crocetta" citata nel bando, ossi nell'attuale via della Colonna, sotto la volta degli Innocenti. Scritta fittamente, conteneva alcuni punti per separare le parole.

Al 58 un'altra targa dei Signori Otto illeggibile, che evitata i giochi rumorosi nei pressi dell'immagine del beato Luigi Gonzaga:

Allo stesso numero, sotto le arcate del cortiletto, si trova una lapide che ricorda l'edificazione della ex-Clinica della Maternità:

Accanto alla porta del numero civico 71r, una targa dei Signori Otto parzialmente illeggibile, ma parzialmente nota, tranne l'ultima riga:

Al 74, sotto un tabernacolo con l'immagine del velo della Veronica, si legge:

La traduzione è: "A perenne memoria dell'evento. L'immagine dipinta dell'Immacolata Concezione che Giovanni Battista Biagiotti aveva fatto collocare qui per sé [ossia per propria devozione], e che attirava giorno e notte grande affluenza di fedeli per i moltissimi segni miracolosi, affinché la Madre di Dio fosse venerata in modo più consono, fu trasportata in processione prima dell'alba nella Cattedrale il 1º settembre 1796 a cura del Collegio dei sacerdoti di San Giuseppe".

Sulla facciata dell'Opificio delle Pietre Dure una memoria di Pietro Benvenuti e di Raffaello Morghen:

Lungo la strada si incontrano cinque tabernacoli. Il già citato tabernacolo di Montiloro, con affresco trecentesco, seguito dall'antistante San Sebastiano. Più avanti, al 34, la memoria di san Luigi Gonzaga e al 74 il tabernacolo con il velo della Veronica affiancato da una lapide già ricordata, che testimonia come sostituì un'immagine dell'Immacolata oggi in Duomo.

All'angolo con via Ricasoli e la piazza delle Belle Arti infine un tabernacolo in arenaria del XVII secolo, contenente una Crocifissione in terracotta di Ugo Lucerni (1951). Vi si conservava, reincorniciato probabilmente su iniziativa delle monache di San Niccolò di Cafaggio, un affresco della Madonna col Bambino perduto, di cui resta solo la sinopia nel deposito della Soprintendenza, che Boskovits ha attribuito a Jacopo del Casentino, sulla base anche di un'indicazione del Vasari.

  • Comune di Firenze, Stradario storico e amministrativo della città e del Comune di Firenze, Firenze, Tipografia Barbèra, 1913, p. 5, n. 18;
  • Firenze, studi e ricerche sul centro antico, I, L’ampliamento della cattedrale di S. Reparata, le conseguenze sullo sviluppo della città a nord e la formazione della piazza del Duomo e di quella della SS. Annunziata, a cura di Piero Roselli (Istituto di Restauro dei Monumenti, Facoltà di Architettura di Firenze), Pisa, Nistri-Lischi Editori, 1974, p. 110;
  • Piero Bargellini, Ennio Guarnieri, Le strade di Firenze, 4 voll., Firenze, Bonechi, 1977-1978, I, 1977, pp. 44–47.
  • Francesco Cesati, La grande guida delle strade di Firenze, Newton Compton Editori, Roma 2003.
  • Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su via degli Alfani
  • Claudio Paolini, schede nel Repertorio delle architetture civili di Firenze di Palazzo Spinelli (testi concessi in GFDL).

Text submitted to CC-BY-SA license. Source: Via degli Alfani by Wikipedia (Historical)


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