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Concilio di Costanza


Concilio di Costanza


Il concilio di Costanza, (1414-1418) è il XVI Concilio riconosciuto ecumenico dalla Chiesa cattolica, convocato a Costanza dall'antipapa Giovanni XXIII e presieduto dal re dei Romani Sigismondo per porre fine allo scisma d'Occidente. Ottenne le dimissioni di papa Gregorio XII e depose gli altri due contendenti. Fra i suoi primi atti vi fu la condanna per eresia e quindi l'esecuzione di Jan Hus. Il concilio fu inoltre l'occasione per dirimere l'annosa questione relativa al futuro della Samogizia, una regione contesa tra il Granducato di Lituania e lo Stato monastico dei Cavalieri Teutonici e che era stata terreno di scontri nella recente guerra polacco-lituano-teutonica.

Il contesto storico in cui si inserisce il Concilio di Costanza è quello dello Scisma d'Occidente e dello sviluppo delle idee conciliariste.

Il motivo scatenante lo scisma fu la messa in dubbio della validità dell'elezione di Urbano VI (successo a Gregorio XI) avvenuta, sotto la pressione del popolo romano, la mattina dell'8 aprile 1378. Una parte dei cardinali, ritenendo illegittima l'elezione di Urbano VI, elessero a Fondi, il 20 settembre 1378, un nuovo papa, l'antipapa Clemente VII (al secolo Roberto di Ginevra), che pose la sua residenza ad Avignone. Lo scisma divise la cristianità occidentale in due obbedienze, quella di Roma e quella di Avignone, cui si aggiunse, nel 1409, l'obbedienza pisana (Concilio di Pisa), che, nel tentativo di risolvere la grave crisi del papato, finì per aggravarla ulteriormente, perché elesse un altro papa, Alessandro V. Di fatto c'erano tre papi, ognuno con un suo seguito; cosa che, come conseguenza, divise il mondo civile e politico, gli Ordini e le Congregazioni religiose, le Università, gli stessi Santi parteggiavano chi per un papa, chi per un altro.

Di fronte all'impossibilità di riconciliare le parti, si fece strada nei teologi la teoria conciliare, già affermata, in vario modo, nel Medioevo: se un papa cade nell'eresia o nello scisma, può essere deposto da un concilio, convocato dai vescovi o da chi abbia sufficiente autorità. Questa teoria, che aveva motivato il fallimentare Concilio di Pisa, portò alla convocazione, da parte del re dei Romani Sigismondo, del Concilio di Costanza (1414-1418).

Nel 1414 erano tre i papi regnanti: papa Gregorio XII a Roma, Benedetto XIII ad Avignone, e Giovanni XXIII a Pisa. Solo l'intervento dell'imperatore (eletto ma non ancora incoronato) poté mettere fine a questo stato di cose. Questi costrinse Giovanni XXIII a convocare un nuovo concilio in territorio tedesco, a Costanza, nel novembre 1414. Fra i presenti, si segnalano anche il grande musicista e musicologo Ugolino Urbevetano da Forlì, in rappresentanza della diocesi forlivese e il Cardinale Branda Castiglioni grande amico di Sigismondo di Lussemburgo e conte della città ungherese di Veszprém nonché ideatore della ricostruzione del borgo di Castiglione Olona.

Ben presto si decise che la votazione sarebbe avvenuta per nazioni, non per individui, con grave danno degli italiani, che persero la loro superiorità numerica. Questo fatto, ed altri contrasti con l'imperatore eletto e l'assemblea, spinsero Giovanni XXIII, che pure aveva promesso di abdicare se anche gli altri due papi l'avessero fatto, a fuggire da Costanza. Anche questo concilio sembrava avviarsi verso il fallimento; solo l'energia e la volontà di Sigismondo fecero superare la crisi.

Così il concilio decise ugualmente di proseguire le sue sessioni, ed il 6 aprile 1415 approvò un testo di cinque articoli, redatti dal cardinale Francesco Zabarella, che affermavano la superiorità del concilio sul papa. È il famoso decreto Haec sancta, che tanto farà discutere storici e teologi:

Giovanni XXIII venne ricondotto con la forza a Costanza, e il 29 maggio 1415 venne pronunziata la sentenza della sua deposizione per simonia, scandalo e scisma. A questo punto il papa romano Gregorio XII acconsentì ad abdicare, a condizione che prima fosse letta in seduta pubblica la bolla con la quale egli stesso convocava il concilio; i padri conciliari approvarono la lettura della bolla ed accolsero l'abdicazione di Gregorio XII. Restava il papa avignonese, Benedetto XIII, irremovibile nelle sue posizioni, ma oramai abbandonato da tutti, e deposto dal concilio nel luglio 1417 con le solite accuse di eresia, scisma e spergiuro.

Prima di procedere all'elezione del nuovo pontefice, il concilio voleva decidere la riforma della Chiesa, intesa non solo come lotta contro la mondanità della curia e l'indisciplina del clero, ma soprattutto come un cambiamento della costituzione della Chiesa, con la soppressione di buona parte della centralizzazione che si era sviluppata nei secoli XII-XIV e l'affermazione di un largo potere della base. Ma i contrasti erano forti e si raggiunse un accordo solo su pochi punti. Il 9 ottobre 1417 fu approvato il decreto Frequens che ribadiva la superiorità del concilio, stabiliva la sua convocazione periodica non oltre ogni dieci anni, e sopprimeva alcuni diritti del papato:

Così, l'11 novembre 1417, il cardinale Oddo Colonna fu eletto papa, e scelse il nome del santo del giorno della sua elezione, Martino V. Da qui alla fine (il 22 aprile 1418), il concilio sarà sotto la direzione del papa conciliare.

L'imperatore Sigismondo di Lussemburgo inviò un ringraziamento scritto ufficiale alla città di Costanza per aver fornito circa 1.500 prostitute durante lo svolgimento del Concilio.

Abbiamo già ricordato i due decreti Haec sancta e Frequens. Nella sessione inaugurale, il concilio si era posto il seguente obiettivo: Pacem, exaltationem et reformationem ecclesiae, ac tranquillitatem populi cristiani – La pace, l'esaltazione e la riforma della Chiesa, e la tranquillità del popolo cristiano. Era un modo diverso per affermare i consueti obiettivi conciliari: le cause unionis, reformationis, fidei.

Circa la causa unionis già si è visto come si sia passati dall'abdicazione o deposizione dei tre papi all'elezione del nuovo papa Martino V.

Circa la causa fidei il concilio di Costanza dovette affrontare soprattutto il problema dei teologi e riformatori John Wyclif e Jan Hus.

Per quanto riguarda John Wyclif (morto nel 1384) il concilio aveva risolto la controversia pronunciando il suo giudizio in due sessioni, il 4 maggio e il 6 luglio 1415. In esse il concilio condanna due serie di affermazioni o articoli attribuiti a Wyclif (rispettivamente di 45 e 260 articoli), condanna tutte le sue opere con l'obbligo di bruciarle pubblicamente, e dichiara il suo autore eretico e perciò ne ordina la riesumazione e la condanna al rogo.

Nella stessa sessione del 6 luglio 1415 venne condannato anche Jan Hus, presente al concilio, con il decreto Quia teste veritate, dal quale si evince che il riformatore venne condannato come simpatizzante di Wyclif, un Wicleff redivivus. Del boemo furono condannate 30 tesi o affermazioni tratte dalle sue opere, fu dichiarato eretico, e, poiché non ritrattò, fu condannato al rogo. Questa sentenza fu applicata all'istante, il giorno stesso della sua condanna, il 6 luglio.

Un'ultima condanna pronunciata dal concilio nella causa fidei fu quella di Girolamo da Praga, che inizialmente aveva ritrattato, ma che poi ritrattò la propria ritrattazione e fu condannato al rogo il 30 maggio 1416. I padri conciliari non si preoccuparono più di tanto delle possibili conseguenze dei roghi di Costanza nell'evolversi della crisi boema e dei successivi sviluppi bellici.

Il concilio affrontò in diverse sessioni la questione della riforma della Chiesa. In particolare, nella sessione XL del 30 ottobre 1417, aveva steso un elenco di 18 questioni di riforma da affrontare e risolvere: le proposte andavano dalla composizione del collegio dei cardinali fino alle questioni della destituzione del papa e ai problemi della simonia e delle finanze. Ma, a causa dei forti contrasti interni, non tutto il pacchetto di riforme fu preso in considerazione. Queste le principali disposizioni approvate in sede conciliare:

  • furono revocate tutte le esenzioni concesse dopo il 1378;
  • non fu più ammesso distribuire i benefici ecclesiastici a persone non consacrate;
  • la riforma del clero si limitò ad un problema di abito ecclesiastico;
  • non fu ammessa la distribuzione dell'eucaristia ai laici sotto le due specie;
  • fu approvata la periodicità dei concili (Decreto Frequens);
  • furono stabilite norme per evitare nuovi scismi.

Nella sessione del 19 aprile 1418, Martino V convocò il successivo concilio a Pavia. Nell'ultima seduta del 22 aprile il Papa approvò tutti i decreti del concilio, anche quelli decisi prima della sua elezione. Più tardi, Eugenio IV nel 1446 ratificò nuovamente il concilio e tutti i suoi decreti.

Dal punto di vista storico e teologico, il Concilio di Costanza solleva tutto un complesso di problemi che si riassumono attorno a due punti e sui quali gli storici sono nettamente divisi.

  • La prima discussione verte attorno alla legittimità del Concilio di Costanza, e la questione è connessa con il significato della lettura, davanti all'assemblea conciliare, della bolla di convocazione del concilio a opera di Gregorio XII (luglio 1415), papa dell'obbedienza romana, ma avvenuta 8 mesi dopo l'apertura del concilio a opera di Giovanni XXIII (XXII) (novembre 1414), papa dell'obbedienza pisana.
La storiografia passata considerava l'episodio come il riconoscimento della legittimità del papa romano Gregorio XII e della superiorità del papa sul concilio. Oggi gli storici si dividono. Il Fink, e con lui la maggioranza degli storici, difende la legittimità del concilio solo in base alla situazione di necessità in cui si trovava allora la Chiesa, visto che mai si era verificata contemporaneamente la presenza di tre papi, tutti e tre, dal loro punto di vista, legittimi. Il Fois ammette che questa situazione di necessità vale solo per la prima parte del concilio, ma non è più applicabile dopo l'elezione di Martino V. Lo storico spagnolo García Villoslada invece continua a sollevare dubbi sulla legittimità di tutto il concilio e dunque anche sulla sua "ecumenicità".
  • La seconda discussione è legata al decreto Haec sancta e al suo valore giuridico. Il problema si pone in questi termini, con questo interrogativo: il decreto ha valore dogmatico (e dunque universalmente riconosciuto) e, in linea di principio, valido ancora oggi, oppure rappresenta una misura legislativa (non dottrinale) valida solo per un caso eccezionale, ossia quello di dare la possibilità a un'assemblea conciliare di giudicare i tre papi dello scisma che rivestivano l'autorità papale senza sicura legittimità?
Storici e teologi come Hans Küng, Francis Oakley, Pichler, Gill, Hefele-Leclercq affermano che i padri conciliari vollero proporre un principio dottrinale (un dogma), interpretando in modo estensivo le tesi conciliariste medievali e canonistiche. Altri, come Jedin, Frenzen, Martina, vedono nell'Haec sancta un documento legislativo atto ad affrontare un caso eccezionale e contingente, e dunque un decreto che va letto nel suo contesto; ne è prova il fatto che, per esempio, il decreto non si pone come definizione dogmatica (mentre un analogo decreto del concilio di Basilea affermerà la superiorità del concilio sul papa come veritas fidei catholicae), ma afferma che suo scopo è la fine dello scisma e la riforma della Chiesa dagli abusi vigenti. Inoltre, affermano questi storici, se l'Haec sancta avesse avuto un valore dottrinale, avrebbero dovuto essere condannati tutti coloro che all'epoca la pensavano diversamente (tra cui lo stesso Martino V che nella bolla Inter cunctas del febbraio 1418, dunque durante lo stesso concilio, affermava che papa canonice electus… habens supremam auctoritatem in ecclesia Dei).
  • (EN) Cantor, Norman F. 1993. Civilization of the Middle Ages pp 498ff.
  • K. A. Fink, Il Concilio di Costanza, in Storia della Chiesa (diretta da H. Jedin), Jaca Book, Milano 1990, vol. V/2
  • M. Fois, Il valore ecclesiologico del decreto Haec sancta del Concilio di Costanza, in La Civiltà Cattolica 126 (1975) 138-152
  • R. García Villoslada – B. Llorca, Historia de la Iglesia Catolica, III, Madrid 1960, pp. 183–268
  • G. Martina, La Chiesa nell'età della riforma, Morcelliana, Brescia 1988, pp. 48–61
  • J. Wohlmuth, I Concili di Costanza (1414-1418) e Basilea (1431-1449) , in Storia dei concili ecumenici (a cura di G. Alberigo), Queriniana, Brescia 1990, pp. 219–239
  • Scisma d'Occidente
  • Conciliarismo
  • Concilio di Pisa
  • Jan Hus
  • John Wyclif
  • Crociata Hussita
  • Imperia (statua)
  • Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su concilio di Costanza
  • Costanza, Concilio di, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
  • (ITDEFR) Concilio di Costanza, su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera.
  • (EN) Council of Constance, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
  • (EN) Concilio di Costanza, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.
  • Le decisioni del concilio di Costanza (in italiano), su totustuus.biz. URL consultato il 9 giugno 2008 (archiviato dall'url originale il 4 giugno 2008).
  • Dizionario di storia Paravia, su pbmstoria.it. URL consultato il 25 aprile 2005 (archiviato dall'url originale il 12 maggio 2006).
  • (EN) Norman P. Tanner (a cura di), Decrees of the Ecumenical Councils: Council of Constance 1414-18 (estratti delle sessioni), su piar.hu (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2008).
  • (EN) Electronic Sources for the Council of Constance (1414-18), su info.wlu.ca. URL consultato il 16 giugno 2008 (archiviato dall'url originale il 6 gennaio 2008).

Text submitted to CC-BY-SA license. Source: Concilio di Costanza by Wikipedia (Historical)


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